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Con chi sto parlando?

Questa volta parlo solo a te.

Quella di oggi, più che una newsletter finanziaria, è un memo personale.

E credo sia importante. Dopo gli eventi di cronaca nera – nerissima, per quanto mi riguarda – delle ultime settimane, ho riflettuto molto: sulla mia comunicazione, sul mio pubblico, sull’effetto delle parole. E mi sono fatto una domanda fondamentale: “Con chi stai parlando?” 

In realtà non è una domanda nuova. Se sei un imprenditore, è la prima a cui devi rispondere. E se la risposta è “sto parlando a tutti”, la verità è che, in linea di massima, non stai parlando a nessuno. Eppure non posso fare a meno di tornare sempre lì. Ammetto che è un work in progress costante. Nel silenzio e nelle turbolenze che mi hanno accompagnato in queste settimane, ho però capito una cosa enorme, importantissima.

Nessuno me l’ha mai detta: l’ho dovuta imparare da solo, a mie spese, e solo dopo ho realizzato quanto fosse fondamentale.

“Con chi stai parlando?”

Ancora una volta mi sono posto questa domanda, trovandomi a un bivio sul tema dei contenuti e del pubblico. Qualche tempo fa ho preso una decisione – e ogni giorno che passa ne sono sempre più convinto: l’epoca del “più grande, più veloce, più rumoroso” è finita. Ho scelto di rivolgermi solo al mio pubblico. E di offrirgli un prodotto decisamente migliore.

O meglio: diverso.

Perché a pensarci bene, non esiste davvero un “prodotto migliore”. I mercati azionari ce lo spiegano chiaramente: non c’è una formula universale valida per tutti, ma soluzioni specifiche che risolvono problemi personali in modo più efficace di altre.

Se il mio prodotto fosse “il migliore” in assoluto ma non risolvesse il tuo problema, resterebbe comunque migliore… ma non per te.

“Migliore” è una qualità oggettiva.
“Diverso” è soggettivo.

Ed è proprio questo che ci riconoscono i nostri clienti: essere diversi.
Diversi nella visione, spesso contrarian, ma sempre giustificata da grafici e studi, quelle che noi chiamiamo evidenze.

L’alternativa sarebbe continuare a parlare a chiunque sia disposto ad ascoltare, abbassandomi al minimo comune denominatore per adattarmi ai formati “che funzionano” e che vendono. Ma il mio pubblico è il migliore per ciò che faccio, ed è l’unico che mi interessa. E il fatto che stia crescendo mi conferma ogni giorno che non devo compiacere nessun altro.

Così ho deciso: mi dedico solo a chi apprezza davvero ciò che faccio, senza preoccuparmi di un pubblico fantasma che non mi ascolta, e che probabilmente non lo farà mai.

“Tutti ti dicono cosa fare e cosa è bene per te.
Non vogliono che trovi le tue risposte; vogliono che credi alle loro.”

Così recitava un intenso Nick Nolte nei panni di Socrate in Peaceful Warrior – La forza del campione (2006), film diretto da Victor Salva e tratto dal libro autobiografico La via del guerriero di pace di Dan Millman.

Quello che ho imparato, nella mia esperienza personale e professionale, è che spesso le persone non ti fanno domande per ascoltare davvero la tua tesi, ma solo per sentirsi confermare la loro.

È proprio per questo che ho smesso di voler essere ovunque, di cercare di intervenire su tutto, di rispondere a chiunque pur di dimostrare di avere ragione. Ho scelto invece di ridurre la quantità delle mie risposte gratuite per aumentare la qualità dei contenuti e dell’engagement con la mia vera audience.

Il mio obiettivo non è convincerti a credere alla mia verità, ma aiutarti – attraverso il nostro lavoro di ricerca – a trovare le tue risposte. Proprio come avrebbe voluto “Socrate”.

Oggi è difficile imbattersi in un mio commento o in una mia risposta, a meno che tu non li cerchi apposta, o in rare occasioni in cui vengo letteralmente chiamato in causa. Do di più a chi è qui, e nulla a chi non lo è.

E la considero una grande scelta.

Non è che non mi interessi di chi resta fuori: è che chi resta fuori non vuole davvero essere aiutato. Vive di paure infondate, si aggrappa a narrative sbagliate e, così facendo, ha già perso le migliori opportunità degli ultimi vent’anni. E continuerà a perdere anche quelle dei prossimi dieci.

Ma attenzione: non li biasimo, anzi, me ne dispiaccio.

Il consenso, le news urlate e i giornalisti catastrofisti, insieme a chi ha “chiamato il top” una volta nella vita, li trascinano in una spirale psicologica in cui l’obiettivo non è più proteggere ciò che hanno costruito, ma avere ancora una volta ragione. È la rincorsa infinita della carota davanti all’asino.

Chi li legge, purtroppo, diventa vittima inconsapevole di queste dinamiche, spesso alimentate anche da bias personali – come l’idea che quelle siano davvero “le migliori menti al mondo”. In realtà, finiscono spesso per essere solo opinionisti da salotto pomeridiano.

Molti investitori credono di informarsi seguendo “le migliori menti al mondo”. In realtà, senza nemmeno accorgersene, finiscono per assorbire i bias personali, le credenze limitanti, i complessi di superiorità e perfino l’abuso di ruolo di certi personaggi.

Un esempio recente è l’intervista a Gary Gensler – ex Chairman della SEC – rilasciata a CNBC, in cui ha spiegato perché, durante il suo mandato, avesse ostacolato la regolamentazione sulle crypto. Ecco le sue parole:

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“The public is interested, but for investors, most of these tokens aren’t tied to fundamentals. Like Buffett would say, what are the goods? What are the revenues?”

“Il pubblico è interessato, ma per gli investitori la maggior parte di questi token non è legata ai fondamentali. Come direbbe Buffett: quali sono i beni? quali sono i ricavi?”

Questa frase non è stata pronunciata da un semplice commentatore. Gensler era presidente della SEC, l’autorità che dovrebbe proteggere gli investitori e garantire regole chiare e trasparenti. Eppure non parlava da regolatore. Parlava come un consulente finanziario, come un gestore che decide al posto tuo cosa dovresti possedere.

Il problema è tutto qui: quando ascolti figure di potere con ruoli istituzionali, spesso non ricevi analisi neutre o linee guida oggettive. Ricevi il loro mindset, i loro pregiudizi, le loro convinzioni personali. Nel caso di Gensler, il mindset da “boomer” che si identifica con Buffett e non riesce a concepire che le crypto possano crescere per ragioni che sfuggono ai modelli tradizionali.

Il risultato? L’investitore che si affida ciecamente a queste voci crede di attingere alla saggezza dei “grandi”, ma in realtà sta solo interiorizzando i loro limiti.

Il mercato

Ed è proprio questo il punto: il mercato non si muove in base ai pregiudizi individuali, ma secondo dinamiche cicliche, dati e reset che si ripetono nella storia.

Negli ultimi mesi, ad esempio, abbiamo visto una forte volatilità che ha generato confusione e aspettative divergenti. Molti attendono ancora l’arrivo di una recessione “ufficiale”, ignorando che lo shock di aprile ha già azzerato sia i fondamentali estesi che il sentiment, segnando di fatto il reset del ciclo.

Storicamente il conteggio delle basi secondo il modello R.A.P.T.OR. si azzera soltanto in due circostanze:

  • Correzione ≥20%, che rappresenta un reset fisiologico e spesso preludio a nuove fasi rialziste.

  • Rottura al ribasso dei minimi precedenti, che invece sancisce l’inizio di bear market secolari.

Oggi non siamo nel secondo scenario: i minimi non sono stati rotti, e il mercato sta consolidando dopo una correzione già avvenuta.

In altri termini: il temporale è già passato.
Chi continua ad aspettarlo rischia di restare fermo mentre il sole è tornato a splendere e le opportunità si stanno riaprendo.

Eppure molti ripetono: “Ho paura di investire per le tensioni internazionali di cui tutti parlano.”

Ma se tutti fossero rialzisti, quello sì che sarebbe un vero campanello d’allarme.
Il fatto che tutti temano le tensioni è esattamente il motivo per cui ha senso investire: il rischio non è nella narrativa ribassista, ma nel consenso.

Il lusso che gli investitori oggi non possono permettersi non è evitare il rischio: il vero rischio è restare fermi ad aspettare.

Dal 1971 con il petrodollaro fino al 2025 con il cryptodollaro, la storia ci insegna che i mercati evolvono e che chi resta bloccato sulle paure perde i grandi trend.
Oggi stablecoin, blockchain e tokenizzazione stanno ridefinendo il ruolo del dollaro nel sistema finanziario globale. Google e Coinbase hanno già mosso i primi passi: i grandi attori si stanno posizionando.

Banche, policymaker e investitori non hanno più tempo da perdere.
Come ricorda McKinsey: “Incumbents and disruptors alike must make urgent preparations.”
Tradotto: sia gli attori tradizionali che gli investitori privati devono attrezzarsi senza indugio.

I risultati

Sono trascorsi undici mesi dal lancio della Stocks & ETF Ideas, la lista di titoli ed ETF basata sul modello proprietario R.A.P.T.OR., introdotta il 24 ottobre 2024.
Con un focus su mega-cap, intelligenza artificiale, criptovalute e rivoluzione socio-demografica, la selezione unisce analisi fondamentale e tecnica.

Questa settimana, per la prima volta, la lista ha superato il +50% di performance dall’avvio, battendo sia l’S&P 500 che il Nasdaq 100.

Un sentito grazie a chi ha dato fiducia alla nostra ricerca contrarian, fondata su dati ed evidenze.

Il portafoglio THÉMA sfiora il +40% in 9 mesi al momento della stesura di questo pezzo, e i nostri clienti sono più felici che mai.

La verità scomoda è semplice: se capire i mercati fosse solo una questione di logica e numeri, i commercialisti sarebbero tutti miliardari.

Non c’è nulla di “misterioso” in quello che vediamo oggi: lo S&P 500 nella seconda presidenza Trump si sta muovendo esattamente come nella prima, nello stesso punto del ciclo.

Sembrava inconcepibile ad aprile… e invece eccoci qui:
il 15 settembre 2025, dopo 164 sedute di entrambi i mandati, lo S&P 500 segna lo stesso risultato: +10%.

La storia non si ripete mai uguale, ma quasi sempre fa rima.

Sono un analista azionario da 13 anni. Tra le conoscenze in UK e USA non ho mai incontrato un collega che abbia guadagnato soldi puntando su P/E bassi, previsioni di recessione, expertise iper-specialistiche o modelli da Excel “dei Flintstones”.

In Trend Positioning Invest abbiamo una regola chiara: non diciamo mai cosa dovrebbero fare i policymaker o i mercati. La nostra unica priorità è capire come rispondere a quelle condizioni di mercato.

Quest’anno, per esempio, molti investitori sono saltati in aria perché hanno trattato le politiche di Trump come un errore. In Trend Positioning ci siamo chiesti solo: come dobbiamo trattare quel mercato?

La verità è che i modelli e gli investitori che hanno “previsto” 38 delle ultime 2 recessioni hanno fatto guadagnare zero negli ultimi cinquant’anni.

Eppure sembrano intelligenti.

Ma proprio questa mentalità ha fatto perdere agli investitori le migliori opportunità degli ultimi 20 anni — e li farà sbagliare anche nei prossimi 10.

Intanto milioni continueranno ad ascoltare i “venditori di pentole” con il pitch da 1,99$ comprato su Temu: “le migliori menti del mondo non battono il mercato.”

Senza capire che quelle “migliori menti” uscite da Harvard sono spesso solo vittime di propaganda accademica.

Quando tutti parlano di recessione, non c’è nessuna recessione.
La recessione vera è un cambio improvviso che coglie tutti di sorpresa.

Oggi non c’è sorpresa, c’è consenso.
E il rischio, lo ripeto, sta nel consenso.

Io ho scelto di parlare a chi vuole davvero ascoltare.
Chi riconosce il valore di una visione diversa, supportata da numeri e risultati concreti.
Se sei tra questi, sei nel posto giusto.

“Se non riesci a ignorare il rumore, non sentirai mai il segnale che conta.”
— Michael Mauboussin

👉 Ogni lunedì alle 18:00, il team di Trend Positioning INVEST ospita FutureInsight, il nostro webinar esclusivo per investitori. Un appuntamento dedicato all’analisi di mercato a medio-lungo termine e alla ricerca sui leader tecnologici e tematici. E apriamo sempre con questa frase di Mauboussin: un promemoria semplice ma fondamentale.

Qui sotto trovi la slide introduttiva: puoi cliccarci per richiedere maggiori informazioni oppure contattarci direttamente cliccando qui e diventare membro Premium di Trend Positioning INVEST.

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Ignora il rumore e continua a investire

Il nostro messaggio – “ignora il rumore e continua a investire” (anche a febbraio, marzo e aprile 2025) – è stato confermato mese dopo mese e anno dopo anno, attraverso crisi spaventose e correzioni improvvise. La nostra filosofia del “meno è più”, il nostro focus sulla gestione attiva e la ricerca basata sulle evidenze, nonostante tutte le distrazioni, hanno ricevuto validazione continua. Ancora e ancora.

Negli ultimi anni abbiamo lavorato con hedge fund manager, private equity, imprenditori miliardari e multimilionari, consulenti finanziari ai vertici della scala gerarchica italiana e molti altri ancora. I clienti sono soddisfatti, e io sono orgoglioso di guidare tutto questo. Non ho nulla da dimostrare, se non continuare a offrire la migliore ricerca finanziaria sulla piazza italiana e internazionale ai nostri clienti.

Certo, esistono altri approcci alla gestione patrimoniale e agli investimenti che possono sembrare migliori in un dato anno. Ma sul lungo termine metterei il nostro modello a confronto con qualunque altro. Perché il lungo termine è l’unica cosa che conta.

Posso dirlo adesso, a 40 anni, con molta più convinzione di quanta ne avessi a 27, quando ho iniziato a scrivere di finanza.

Non voglio più sprecare tempo a discutere con chi vuole contestare questo approccio. Non vedo alcun valore, né per me né per loro. Non cerco di imporre la mia visione. Quando qualcuno vuole litigare, gli dico che probabilmente ha ragione e passo oltre. Nessun dibattito, vinci tu. Lascio che si tengano le loro opinioni, io tengo la mia esperienza reale e i risultati dei nostri clienti.

Allora, con chi sto parlando adesso? Con te.
Il pubblico più intelligente, equilibrato e curioso di tutta la finanza.

Siamo un gruppo con caratteristiche comuni: moderazione decisa nelle opinioni, temperanza emotiva nelle reazioni, senso dell’umorismo, buon gusto in musica. Sulle camicie magari non eccelliamo, ma sulle giacche non ci batte nessuno. Valori cristiani, passione per il cinema, i libri e i ristoranti.

Questo è il mio pubblico.
E dimmi: perché mai dovrei voler parlare con qualcun altro?

Non dirmi che il business non è personale

Questa newsletter è la vera storia di ciò che ho visto dalla mia prima fila come commentatore di mercato e analista azionario negli ultimi (quasi) quindici anni. Gli alti, i bassi, i fallimenti personali (tanti) prima di creare quello che esiste oggi.

Ho trascorso l’ultimo decennio e mezzo parlando con analisti, trader, consulenti, portfolio manager e formatori. Ho visto tutto, ascoltato tutto e annotato gran parte di ciò che conta. Molti hanno scritto libri sugli investimenti, ma nessuno da una prospettiva come la mia.

Quando ho lasciato l’Italia dieci anni fa, l’ho fatto perché non trovavo nulla di realmente stimolante nel panorama locale in termini di investimenti. A distanza di oltre dieci anni, purtroppo devo constatare che la situazione non solo non è migliorata, ma è persino peggiorata.

La storia dei mercati è anche la mia storia. Odio quando la gente dice: “È solo business, non è personale. Mai parlare di politica o religione.”

Ma come può non esserlo, se stiamo parlando delle vite delle persone? Della tua vita. Della mia vita.

In fondo, non si tratta davvero di soldi. Si tratta dell’effetto che i soldi hanno sulle nostre vite: troppi, troppo pochi, incentivi, emozioni. Smettetela di dirmi che non è personale. Lo è sempre stato e sempre lo sarà.

Non a caso Bethenny Frankel, imprenditrice e autrice del bestseller Business is Personal, lo dice chiaramente: il successo non nasce dal separare la vita dal lavoro, ma dal restare autentici, coerenti e fedeli a se stessi anche nelle scelte più dure.

Ed è lo stesso negli investimenti. Non esistono decisioni “solo finanziarie”: ogni scelta riflette i tuoi valori, le tue paure, le tue aspirazioni.
Chi parla con me non cerca formule magiche o rassicurazioni facili. Cerca qualcuno che porti sul tavolo esperienza reale, disciplina e scelte personali, anche quando vanno contro il consenso.

E a rafforzare questa idea arrivano anche le parole di Codie Sanchez:

I soldi senza valori non significano nulla.

“Sento sempre più forte la chiamata a condividere di più su fede e libertà. Se questo ti dà fastidio, allora non sono più la tua ragazza.
Ho visto tante persone inseguire i dollari solo per ritrovarsi vuote, ansiose o schiave dell’affare successivo. Questa non è ricchezza, è prigionia. Quello che mi interessa – ciò che sento sempre più forte il bisogno di condividere – è la fede e la libertà. La fede, perché se non ti ancora a qualcosa di più grande del denaro, il mercato ti divorerà vivo. La libertà, perché che senso ha accumulare denaro se non puoi dire ciò in cui credi, vivere come desideri o allontanarti quando un affare viola i tuoi valori?”

— Codie Sanchez

Con la Tech Letter ti racconto la mia storia attraverso la lente del mondo degli investimenti. Perché le due cose – vita e mercati – sono indissolubilmente intrecciate.

Non importa a che punto ti trovi nel tuo percorso di investimento: questa newsletter ti aiuterà a raggiungere una comprensione più profonda di ciò che sta realmente accadendo e del perché. Era questa la mia missione quando mi sono messo a scriverlo insieme al mio socio Efisio Garau, ora Head of Fundamental Analysis di Trend Positioning Invest.

I nostri clienti dicono che l’ho raggiunta. Spero che anche tu lo penserai prima o poi.

Ho sempre pensato che i pezzi migliori siano quelli in cui senti che il pezzo sta esplodendo dentro lo scrittore, e non ha altra scelta che lasciarlo uscire. Amo quell’urgenza. È la stessa che ho provato quando mi sono seduto davanti alla tastiera per parlare di finanza e mercati la prima volta. Ed è quella che mi ha portato fino a qua.

Spero che questa urgenza traspaia in ciò che facciamo da queste parti. E spero che ti piaccia.

Chiunque sia stato mio cliente o lettore per un po’ di tempo mi ha sentito, in molte occasioni, criticare i vari modi di pensare e interpretare il mercato. A parte qualche psicopatico che, nascosto dietro una tastiera, augura il peggio a uno sconosciuto solo perché non ha una vita, non c’è mai stata vera negatività: qualche disaccordo ragionevole, molto supporto e incoraggiamento, input utili dalla community e nuove informazioni dai commentatori — anche da quelli che poi hanno meritato il ban.

Quindi, quando mi chiedo di nuovo “Con chi stai parlando?”, la risposta è chiara:
non con psicopatici politici, non con presunti esperti da Twitter e Facebook che passano le giornate a umiliare gli altri per sfogare le proprie insicurezze,
non con complottisti o nichilisti,
non con disoccupati ossessionati dalla macroeconomia o fanatici delle opzioni,
non con attivisti ossessivi di sinistra o troll di destra,
non con ingegneri hardware/software convinti che i mercati funzionino come i loro codici, né con commercialisti che vogliono inserire ogni cosa nelle loro formule Excel dell’era dei Flintstones.

Non con chi non ha nulla da dire ma cerca solo il proprio momento di gloria nel mio salotto.

Ci sono altri che amano quel tipo di pubblico, che vanno alla ricerca della rissa per essere notati da chi la vede come loro. Io no. Non mi interessa: mi drena energie. Sto benissimo nel mio ufficio, senza bisogno di scontrarmi con nessuno.

Ho capito che in realtà parlo a due gruppi:

  • Il primo gruppo è composto da persone che hanno già avuto successo nella vita e vogliono migliorare la gestione dei propri investimenti per costruire sopra quel successo. Vogliono essere seri con i portafogli, partendo da evidenze chiare, non da bias politici e formativi – ma leggeri e curiosi intellettualmente in tutto il resto. In questo gruppo ci sono dirigenti, imprenditori, professionisti di ogni settore, creatori, personaggi dello sport, della musica, del mondo dell’arte, oltre a pensionati che, dopo decenni, sono ancora affascinati dai mercati e dall’economia quanto lo sono io.
  • Il secondo gruppo è formato da chi ha appena iniziato a investire o sta pensando di farlo. Giovani, persone che cercano di uscire dai debiti, che vogliono migliorare la propria vita, che hanno un capitale di famiglia e si sentono in colpa per non averlo mai fatto fruttare.

Si rivedono nella mia storia. Molti lettori e clienti di questo gruppo sono cresciuti con me: hanno visto, passo dopo passo, come abbiamo costruito tutto partendo dal nulla. Non sono Jim Cramer che urla tutto il giorno “There is always a bull market somewhere” (“C’è sempre un mercato rialzista da qualche parte”), ma credo che nei miei contenuti ci sia comunque un pizzico di ispirazione.

Alcune persone magari non hanno ancora molti asset investibili, ma compensa con fame, immaginazione e aspirazione. E siccome non mi sento davvero di aver “fatto il colpo grosso”, penso di essere ancora abbastanza vicino a loro da mantenerli sintonizzati.

Non mi vedrete volare in jet privato, non presto almeno.

Mettendo insieme i due gruppi, in pratica parlo a persone che riconoscono di non poter mai sapere abbastanza, a qualsiasi punto del percorso si trovino, e che sono disposte a cambiare idea quando emergono nuove informazioni. Non mi trovo bene con i pessimisti cronici o con chi ripete “il sistema è rotto”. Non vogliono sentire nulla di costruttivo o positivo, e non mi interessa cambiare loro idea.

Se nel tuo profilo social hai ancora la foto del Che Guevara come simbolo “contro il sistema”, probabilmente non ci troveremo. Nessun problema.

Come ho detto, non mi sento affatto “arrivato”. Ma so che comprendere tutto questo è come sbloccare un’antica porta scolpita sul fianco di una montagna. E dietro quella porta ci sono grandi sale colme d’oro e di gemme che mi stanno arricchendo. Non di denaro, ma di molto di più: di spirito e soddisfazione.

Ogni giorno mi sveglio con l’entusiasmo di ricercare, scrivere, creare per il mio pubblico, ascoltare i grandi player istituzionali, interpretare i feedback e aggiornare le mie idee. Ogni giorno ho l’opportunità di diventare un investitore migliore. E posso farlo insieme a voi.

La parte più difficile è restare in silenzio quando mi chiedono di commentare l’analisi di altri analisti, di dire la mia su un titolo che non mi interessa o di esprimere una view di breve termine su un asset che per me ha senso solo nel lungo periodo.

Le nostre tesi di lungo termine sono pubbliche; l’operatività di breve termine, l’implementazione, il supporto, le evidenze e la freddezza necessaria sono invece prerogative riservate ai nostri clienti.

Capisco bene queste domande: chi le fa cerca certezze negli altri. Lo rispetto e, davvero, apprezzo che vogliano la mia opinione. Ma per me quella fase è finita.

Ho pagato i miei debiti per 13 anni, soprattutto negli ultimi 5. Se mi vedrete rispondere pubblicamente, sarà perché quell’occasione ha davvero un significato speciale.

Tutto il resto del mio tempo e delle mie energie è già impegnato: Dio, famiglia, team, clienti e investimenti. In quest’ordine.

Chi sono io, e con chi parlo?

Per anni sono stato superficiale su questa domanda. Come la maggior parte delle persone, all’inizio ho pensato: “più grande è meglio, più gente c’è meglio è.” E forse non è nemmeno l’approccio peggiore quando parti da zero. Ma poi?

Arrivi sempre a un bivio: allarghi il pubblico per piacere a più persone? Oppure raddoppi l’impegno verso chi già ti apprezza, portandolo ad amarti? Vuoi un pubblico ampio ma superficiale, o un seguito fedele e reciprocamente utile?

Non c’è una risposta universale. Ma sono convinto che non si possano fare entrambe le cose bene, nello stesso momento.

E adesso parliamo di investimenti

Se fino a questo punto non è chiaro, lascia che lo dica nel modo più diretto possibile: non sto parlando (solo) di me. Sto parlando di te.

Perché a te, in fondo, interessa una cosa soltanto: capire chi vuoi ascoltare.
Quali valori deve avere chi sta dall’altra parte?
Quale voce scegli di seguire davvero?

Io ti parlo della mia esperienza solo per portarti a questa riflessione. Perché a un certo punto devi dirtelo: chi fa per me? E questa decisione non la puoi rimandare all’infinito.

Devi scegliere. Non subito, ma prima o poi.

  • Sei un risparmiatore alla ricerca del 7% lordo?
  • Cerchi dividendi o rendimenti capaci di creare ricchezza generazionale?
  • Vuoi qualcuno che gestisca i tuoi soldi al posto tuo?
  • Oppure vuoi prendere tu le decisioni, ma basandoti su dati ed evidenze, non sulle opinioni politiche, personali o emotive di chi scrive?

Nei mercati puoi scegliere quello che vuoi. Ma non puoi avere tutto, e non esiste una sola versione che funzioni per tutti.

Ma col tempo, la realtà di ciò che funziona a prescindere dalle tue opinioni prende il sopravvento. E devi scegliere.

Anche scegliere di non fare nulla è comunque una scelta — spesso la peggiore, perché significa perdere le migliori opportunità, quelle che capitano una volta nella vita.

Ed è esattamente ciò che stanno facendo in tanti adesso: restare fermi ad aspettare la recessione, la crisi, che Trump cambi tono o che finisca la guerra. Quindici anni fa si parlava delle stesse cose, solo con nomi diversi. E chi è in questo campo da trent’anni ti dirà che trent’anni fa si dicevano esattamente le stesse cose.

Il punto è che: prima inizi, più lontana sarà — statisticamente — quella fase in cui il mercato crolla.

Guarda questo grafico:

Prediction Markets: tra caso e intelligenza collettiva

Il titolo è chiaro: “Odds of Experiencing a Bear Market Increase by Holding Period”, cioè le probabilità di sperimentare un bear market (definito come -20% o più) aumentano all’aumentare dell’orizzonte temporale.

L’asse orizzontale rappresenta l’orizzonte temporale (1 anno, 2 anni, 3 anni… fino a 15 anni).

L’asse verticale rappresenta la probabilità storica di vivere un bear market di almeno -20% sull’S&P 500 dal 1950 a oggi.

Le barre blu ci dicono che:

  • 1 anno → 31% di probabilità
  • 2 anni → 46%
  • 3 anni → 59%
  • 4 anni → 69%
  • 5 anni → 77%
  • 10 anni → 95%
  • 15 anni → 100%

Il rischio di drawdown aumenta quindi col tempo.

Più a lungo resti investito, più è certo che prima o poi attraverserai un bear market. A 15 anni l’esperienza di almeno un -20% è garantita (100%).

Non si tratta di evitare i crolli: sono inevitabili. Si tratta di imparare a conviverci.
Per un investitore di lungo termine, i bear market non sono un’eccezione, ma parte integrante del percorso.

La vera scelta è: affrontarli con la conoscenza e la consapevolezza giusta, restando dentro ai mercati con metodo e disciplina, oppure restare fuori, ma anche in quel caso seguendo un approccio strutturato — non basato su sensazioni, paure o “feeling”.

Il paradosso: più tempo investi, più aumenta il rischio di vedere crolli… ma anche le probabilità di guadagni positivi di lungo periodo. Ed è per questo che adotiamo una gestione attiva, sempre. Senza eccezioni.

La volatilità è il prezzo da pagare per accedere ai rendimenti azionari.

Il grafico è quasi “educativo”: chi resta fermo ad aspettare il momento giusto per entrare evita i crolli solo evitando anche i rendimenti. Chi invece resta investito sa che vedrà diversi bear market, ma avrà anche accesso a quelle fasi di crescita che creano ricchezza.

Se prendi il momento in cui stai leggendo queste righe come il giorno 1 del tuo “anno 1”, hai davanti a te almeno tre anni per costruire. Ma se aspetti che tutto sia chiaro, che le stelle si allineino e che la narrativa diventi rassicurante, rischi che proprio tra tre anni arrivi quel 59% di probabilità di crollo che vedi nel grafico.

Più aspetti ad entrare, più aumentano le probabilità di prenderti il crollo in faccia.
Non è forse quello che è già successo fino ad oggi?

C’è un altro punto fondamentale che molti dimenticano: non tutte le correzioni diventano bear market.

Il grafico qui sotto lo dimostra chiaramente: dal dopoguerra ci sono state 48 correzioni del -10% sull’S&P 500, ma solo 12 di queste (cioè il 25%) si sono trasformate in un bear market da -20%.
Significa che nel 75% dei casi il mercato si è ripreso senza scendere oltre.

E allora ogni volta che rimandi l’ingresso per “paure geopolitiche”, perché non ti piace il politico di turno o per le guerre (che, ricordiamolo, ci sono da duemila anni), stai andando contro le probabilità.

La statistica è chiara: restare fermi ad aspettare il “crollo definitivo” non solo non ti protegge, ma ti espone al rischio peggiore di tutti: perdere i rialzi che seguono la maggior parte delle correzioni.

Alla fine, conta solo la gestione attiva. Non esistono “momenti sbagliati”: esistono aspettative e opinioni sbagliate.

Se il mercato crolla e tu speri che non crolli, sì, soffrirai. Ma se applichi strategie di hedging, o addirittura vai short, quel momento diventa un’opportunità.

Se il mercato sale e tu resti fuori, per te è il momento sbagliato. Ma per chi è dentro è il momento giusto.

Quindi, vedi, non esistono momenti sbagliati.
Esistono solo investimenti sbagliati, scelte sbagliate e aspettative sbagliate.

Il consiglio che senti ovunque oggi è semplice: “Compra un fondo indicizzato che segue l’S&P 500”.

Commissioni basse, rendimenti forti sul lungo termine. Perché complicarsi la vita?

Eppure, alla fine degli anni ’90, si diceva la stessa cosa. Dal 1991 al 1999 l’S&P 500 fece oltre il 20% medio annuo. Poi arrivarono gli anni 2000: quasi quindici anni in rosso. Un investimento di 10.000 dollari nel 2000 valeva solo 9.100 dollari alla fine del 2009. Nel frattempo, small cap americane, mercati internazionali, economie emergenti e altre asset class sovraperformavano.

La storia non si ripete mai uguale, ma spesso fa rima. Quindi ti sto dicendo di diversificare?

MAI!

Come ho spiegato più volte: si diversifica il patrimonio personale, mai la quota destinata all’azionario. Quella dev’essere focalizzata sui leader di mercato. Che siano 5 o 15 è irrilevante (no, non esistono 30 leader di mercato).

Certo, se guardiamo dal 2010 a oggi, l’S&P 500 ha recuperato tutto e molto di più: è stato un grande investimento. Quasi perfetto.

Ma ecco il punto: se il tuo intero portafoglio dipende da un’unica onda, cosa succede quando la marea si ritira?

Il problema non è l’S&P 500.
Il problema è la fedeltà cieca a qualsiasi cosa.
Se compri e tieni solo fondi indicizzati, sei schiavo dei cicli.

La vera lezione è semplice: in ogni ciclo si dicono sempre le stesse cose, nel bene e nel male.

Quando i mercati salgono, tutti gridano alla fine del mondo eppure sembra che non ci sia nulla che possa fermarli. Quando scendono è troppo presto per entrare finchè non è troppo tardi e il ciclo si ripete. All’infinito. Cambiano i nomi, cambiano le narrazioni, ma lo spartito è sempre lo stesso.

Noi facciamo altro.

Siamo una società di ricerca finanziaria focalizzata sui mercati azionari americani, con un approccio sia macro che tematico. Ci concentriamo sull’analisi dei grandi archi narrativi che muovono i mercati, traducendoli in insight strategici per gli  investitori.

Seguiamo i trend più forti, investiamo nelle rivoluzioni macro-tematiche che muovono i mercati cercando i titoli migliori nei settori migliori, con disciplina e chiarezza. Così sovraperformiamo qualunque indice ed evitiamo i “decenni morti”. E nei mercati ribassisti? Non restiamo a guardare: andiamo short e traiamo profitto anche nelle discese o ci proteggiamo andando liquidi e/o con strategie di hedging in base al portafoglio e al momento.

I HAVE A DREAM…

Negli ultimi tempi ho un solo sogno: parlare soltanto con chi vuole davvero parlare con me. Non perché sia sempre d’accordo con me – io stesso non lo sono sempre – ma perché è ricettivo, interessato, curioso e positivo.

Questo pubblico magari non conta decine di milioni di persone, ma è abbastanza grande.
E allora mi chiedo: se raddoppiassi gli sforzi per loro?

Cosa succederebbe alla nostra azienda, ai portafogli dei nostri clienti, alle loro vite e alle loro famiglie, se mi concentrassi esclusivamente nel portare la mia visione contrarian, offrire consapevolezza e arricchire chi vuole davvero esserci?

Ho passato oltre dieci anni a parlare con chiunque. Ogni piattaforma, ogni opportunità, ogni social network. E non mi lamento, mi è servito. Ma ora le cose cambiano.

C’è un nuovo piano. Un nuovo sogno da realizzare. Una nuova fame. E questa volta voglio qualcosa di diverso da ciò che volevo in passato. Sono entusiasta di quello che ho in cantiere. Se stai leggendo queste righe, sei già parte del pubblico che voglio deliziare.

Sto raddoppiando gli sforzi per quelli come te.
Perché sei chi conta davvero.

Resta sintonizzato: il meglio deve ancora arrivare.

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