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Perché i mercati forti diventano sempre più forti

Il rischio di restare fermi

Alti e bassi: il ciclo naturale dei mercati

Ho vissuto abbastanza per vedere tanti mercati e tante storie seguire il loro corso. Molto raramente le cose restano in trend lineari e permanenti, né nei mercati né nella vita. Le azioni incontrano resistenze, i cicli si interrompono, i settori si trasformano, le priorità delle nuove generazioni cambiano. Marchi che sembravano eterni perdono rilevanza, tecnologie apparentemente insuperabili vengono sostituite.

Eppure, da tutto questo non nasce la fine, ma l’inizio di nuove opportunità.

George Orwell scriveva che “chi sta vincendo in un certo momento sembra sempre invincibile”.

È un’osservazione che si applica perfettamente anche agli investimenti: quando un trend domina, sembra destinato a durare per sempre. Ma la storia ci mostra che nessun trend è eterno. Le condizioni cambiano, i cicli si esauriscono, e ciò che sembrava inattaccabile diventa fragile. Allo stesso modo, ciò che appariva fragile può trasformarsi in forza. Basta guardare a come si è comportato il mercato quest’anno dopo i Liberation Day di aprile: in quel momento molti sono scappati in fretta (ouch), convinti che fosse finita.

In realtà, era solo l’inizio della fase più forte.

Questa consapevolezza, lungi dall’essere deprimente, è uno strumento potente per l’investitore. Significa che non possiamo contare mai su un’unica direzione, ma possiamo prepararci a cavalcare i cambiamenti. Ogni transizione porta con sé rischi, certo, ma soprattutto nuove occasioni per chi sa riconoscerle.

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Il ruolo del momentum

Il mio punto non è dire che tutto può crollare da un momento all’altro — certo, questo può accadere — ma è esattamente il contrario di come viviamo i mercati in casa Trend Positioning.

Per quanto siamo prima di tutto gestori del rischio, sappiamo molto bene che i trend positivi vanno sfruttati quando ci sono, perché possono durare molto più a lungo di quanto ci si aspetti. Ma, al tempo stesso, sappiamo anche che non sono infiniti. La nostra forza sta proprio qui: cogliere la fase di espansione senza dimenticare che, prima o poi, ogni ciclo si esaurisce.

Il nostro compito è riconoscere quando la forza di un movimento è ancora intatta e quando, invece, sta iniziando a indebolirsi. Non per paura di perderlo, ma per gestirlo con metodo, adattando il portafoglio con disciplina.

Io stesso, nella mia esperienza, ho vissuto fasi di grande crescita e fasi di difficoltà. Ed è proprio ricordando che le cose cambiano che si mantiene la lucidità per non dare nulla per scontato.

Il mercato insegna la stessa lezione: nulla è stabile per sempre, ma nulla si esaurisce senza lasciare spazio a qualcosa di nuovo.

L’entropia come opportunità

Hai presente la Seconda Legge della Termodinamica?

Nemmeno io.

Ma so che la fisica parla di entropia come tendenza naturale al disordine. Nei mercati, questo si traduce in una certezza: gli equilibri non durano per sempre. E, come ho già sottolineato, non è un destino da temere ma il vero motore del cambiamento. Senza transizioni non avremmo nuove idee, nuove tecnologie, nuovi trend da cavalcare. Sì, la volatilità e i mutamenti possono sembrare caotici, ma sono proprio ciò che crea opportunità.

Se un trend finisce, un altro inizia. Se un settore arretra, un altro avanza. È il flusso continuo del mercato che ci permette di crescere e di trovare nuove opportunità.

Cicli, entropia ed evoluzione: come nasce l’ordine dal disordine

Ho chiesto a ChatGPT (una volta si sarebbe detto ‘ho cercato su Google’) di entropia e cambiamento, e la Seconda Legge della Termodinamica ci insegna che tutti i sistemi tendono verso un crescente disordine: l’entropia aumenta con il tempo. Tradotto: nessun equilibrio è stabile per sempre.

Se letta solo in superficie, questa consapevolezza sembra portare con sé pessimismo: tutto cade a pezzi, tutto si disgrega. Ma la realtà è più complessa e molto più interessante.

Il fisico Ilya Prigogine, ne La fine delle certezze, spiegava che quando un sistema viene spinto abbastanza lontano dall’equilibrio, può diventare instabile. E proprio da questa instabilità può nascere qualcosa di nuovo: strutture ordinate e complesse che emergono spontaneamente dal caos, le cosiddette “strutture dissipative”.

Un esempio semplice: l’acqua che scorre in un lavandino. All’inizio cade in modo caotico. Ma a un certo punto, si organizza da sola in un bellissimo vortice. È ordine nato dal disordine.

La natura funziona così: ogni elemento è al tempo stesso un intero e una parte di qualcosa di più grande.

Atomo → molecola → cellula → organismo → ambiente.
Lettera → parola → frase → testo.
Materia → vita → mente → coscienza.

Ogni volta che la complessità aumenta, nasce un nuovo livello di ordine che contiene i precedenti. In altre parole: l’evoluzione crea ordine dal caos. Lo vediamo nella storia: da società di cacciatori-raccoglitori si è passati all’agricoltura, poi all’industria, oggi all’informazione. Ogni salto è nato da fasi di rottura e disordine che hanno aperto la strada a nuove forme più complesse.

Ed è qui che entra in gioco la differenza tra un investitore preparato e uno che resta prigioniero delle proprie convinzioni. La vera forza non è restare ancorati alle idee radicate nel proprio background personale, nei bias politici o nelle paure legate a situazioni economiche e geopolitiche. La vera forza è guardare ai dati e alle evidenze che il mercato ci offre, e usarle come bussola.

Applicazione ai mercati

Anche i mercati funzionano così. Ogni fase di volatilità, di incertezza, di apparente disordine non è una fine, ma una transizione. È il terreno fertile in cui nascono nuove opportunità e nuovi cicli.

Lo stesso vale per la psiche. Gli psicologi parlano di entropia psichica: la tendenza della mente a scivolare nel caos, nella confusione, nel senso di perdita di direzione. Ma è proprio quando ci troviamo a quel punto di frattura — quando ci sembra di non avere più controllo — che può emergere una versione più evoluta di noi stessi. Un “sé inferiore” vuole restare comodo e immobile, mentre un “sé superiore” spinge al cambiamento. È dal conflitto tra queste due forze che nasce l’intuizione trasformativa.

Anche i mercati, come le persone, si trasformano continuamente. Le demografie cambiano, ed è inevitabile: la popolazione invecchia in alcuni Paesi e cresce in altri, le preferenze di consumo evolvono, i modelli sociali e lavorativi si ridefiniscono. Allo stesso modo, le tecnologie cambiano: ciò che ieri era rivoluzionario oggi diventa obsoleto, e ciò che sembra fantascienza domani diventa quotidianità. Demografia e tecnologia sono i grandi motori che ridisegnano i mercati, creando nuovi settori e decretando la fine di altri.

Ho scritto sopra che le priorità delle nuove generazioni cambiano – così come cambiano le demografie e le tecnologie; quello che invece non cambia mai è la psicologia dei mercati.

Paura e avidità, euforia e panico, la tendenza a inseguire i rialzi o a scappare nei ribassi: sono costanti che si ripetono da secoli, indipendentemente da quale tecnologia sia dominante o da quale generazione stia investendo.

È per questo che, nonostante il mondo evolva, gli investitori continuano a commettere gli stessi errori. Davanti a un mercato sui massimi, la reazione istintiva è sempre la stessa: pensare che “abbia fatto troppo” e che il ribasso sia inevitabile. È l’effetto della Gambler’s Fallacy, la convinzione che ciò che è salito debba per forza scendere. Ma la storia mostra l’opposto: nei mercati, la forza spesso genera altra forza, ed è proprio qui che entra in gioco il momentum.

È qui che si annida il rischio più grande per un investitore: rimanere ancorato a vecchi concetti, pensando che ciò che ha funzionato in passato funzionerà sempre. È deleterio perché impedisce di cogliere i nuovi cicli. Chi rimase fermo sulle obbligazioni negli anni ’80, chi ignorò Internet negli anni ’90, chi non comprese l’impatto degli smartphone o del cloud negli anni 2000: tutti hanno perso opportunità enormi, non perché non sapessero leggere i numeri, ma perché non hanno saputo aggiornare i loro schemi mentali.

La lezione è chiara: i mercati cambiano forma, ma non natura. Le regole di base della psicologia restano immutate. Il compito dell’investitore non è restare aggrappato a un passato che non ritorna, ma leggere i segni del presente con la consapevolezza che i sentimenti collettivi – e quindi le dinamiche di prezzo – sono sempre gli stessi.

“Se non riesci a ignorare il rumore, non sentirai mai il segnale che conta.”
— Michael Mauboussin

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È in corso la rivoluzione dell’AI

È in corso la rivoluzione dell’AI e molti sono ancora concentrati sui multipli P/E. Robinhood ($HOOD): da 24 a 139 dollari in 15 mesi (+480%) Il multiplo sugli utili è sceso da 164x a 92x (−44%). Ecco cosa significa growth stock. Ricordi quando a settembre tutti erano convinti che sarebbe stato disastroso? Il NASDAQ è salito di quasi il 6%. Siamo in un contesto storico più unico che raro: la maggior parte degli analoghi con il 1999 e 2008 non ha alcun senso in un mercato trainato dall’intelligenza artificiale.

Why Strong Markets Get Stronger: perché i mercati forti diventano sempre più forti

“Chi segue i mercati tende istintivamente a pensare che ciò che sale debba prima o poi scendere: è un riflesso naturale, radicato nella nostra psicologia. Lo viviamo in ogni ciclo della vita: l’estate cede all’autunno, l’autunno all’inverno. Così, quando vediamo un mercato sui massimi storici, il nostro istinto ci porta a pensare che sia “troppo” e che il ribasso sia inevitabile.

Ma i mercati non funzionano così. Non scendono perché “hanno già fatto troppo”. Scendono quando le condizioni cambiano. La forza tende a generare altra forza.

La storia ci mostra un quadro chiaro: quando l’S&P 500 chiude i primi tre trimestri dell’anno con un guadagno superiore al +20%, il rendimento mediano sull’intero anno è stato del +31%. L’indice è partito da 4.770 a inizio 2024 ed è salito di circa +21% a 5.751. Se replicasse il rendimento mediano del +31%, chiuderebbe l’anno a 6.249, cioè con un ulteriore +9% nel quarto trimestre.

Il quarto trimestre è storicamente il più forte: dal 1950 il guadagno mediano ottobre-dicembre è +4,9% (n = 75) → implica un S&P 500 a 7.050. Win ratio: 81%. In anni con taglio Fed a settembre (come nel 1998 e nel 2024), il guadagno medio del mercato è stato +13,8% → implica un S&P 500 vicino a 7.750.

Questi numeri sono particolarmente frustranti per chi ha atteso troppo a lungo. Molti investitori restano a guardare la prima parte del rally, aspettando un calo che non arriva. Quando la performance diventa eclatante, scatta invece la paura di restare esclusi. È in quel momento che prende forma la dinamica del chase: si entra tardi, a prezzi più alti, alimentando ulteriormente la forza del mercato.

Alla luce di questi dati, la probabilità ci porta a vedere l’S&P 500 intorno a quota 7.000 entro la fine del 2025: un target molto vicino a quello che avevamo già indicato a inizio anno, nel webinar FutureInsights di gennaio 2025 ai nostri clienti Premium, come evidenziato dalla slide qui sotto. Nessuno (a parte noi) avrebbe avuto il coraggio di scommettere su questo scenario ad aprile 2025. Eppure oggi, 3 ottobre 2025, l’S&P 500 segna 6.715 punti sul tabellone, esattamente a metà strada tra i nostri due obiettivi: 6.650 e 6.850.

Non è magia né astrologia: è semplicemente comportamento umano, osservato e misurato in oltre 100 anni di dati (1890–2025), alla base del nostro modello di investimento proprietario. Ignorarlo significa scommettere contro la natura umana stessa: una scommessa a probabilità molto bassa.

E qui sta il punto: la differenza tra affidarsi ai dati e farsi trascinare dal consenso. Perché il consenso, in quei mesi, diceva tutt’altro.

Febbraio – Aprile 2025

“Forse Buffett non è lesso come dici.”
“Come ti permetti di dire che il Buffett Indicator è inutile?”
“Distacco emotivo, stop loss, dove sono finiti, Gian?”
“I dazi porteranno a una recessione, ho visto l’intervista e Trump lo ammette.”
“Il disagio mondiale causato da Trump durerà a lungo.”
“Gian Massimo, per favore, evita di difendere l’indifendibile.”
“Gian, non è che stai vedendo l’anatra mentre il mercato vede un coniglio?”
“Per cavalli di razza intendi Palantir, Robinhood, Tesla e Nvidia? Perché credo che sarebbero meglio dei criceti.”
“Ora capite perché Buffett è uscito da Apple? Diffidate da chi vi dice che Buffett è sciocco mentre chi parla è migliore di Buffett.”

Ora immagina di aver venduto tutto a inizio anno solo perché il Buffett Indicator era ai massimi, temendo che i dazi avrebbero scatenato inflazione e che Trump avrebbe distrutto i mercati. Invece di basarti sui dati — che abbiamo condiviso dieci volte al giorno, ogni giorno — che dimostravano l’esatto contrario.

Il risultato? Ancora una volta, la dimostrazione che i soldi si fanno nell’essere contrarian, non nel seguire il consenso che consola la mente logica ma svuota i portafogli.

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Il rischio di restare fermi

Chiunque abbia almeno dieci anni di vera esperienza nei mercati sa bene che questo è stato uno degli anni — se non l’anno — con il periodo più lungo e ricco di opportunità. Forse persino più del 2020.

Eppure, nonostante i dati e l’andamento evidente, molti investitori hanno reagito male. Ad aprile, diversi sono usciti dal mercato… e non sono più tornati. Ogni giorno ci sentiamo ripetere le stesse paure: “Mi fido di voi, ma temo le tensioni internazionali, le guerre, Trump, i dazi.” Avevamo detto chiaramente, con i dati alla mano, che niente di tutto questo avrebbe contato davvero.

I numeri parlano chiaro: settembre è stato il secondo miglior settembre per l’S&P 500 negli ultimi 27 anni. Eppure molti continuano a dire: “Aspetto momenti migliori.” Ma migliori di cosa? Abbiamo appena vissuto il settembre più forte di quasi tre decenni.

Questa è la trappola dell’investitore: aspettare il “momento perfetto” che non arriva mai. La realtà storica è che solo il 20% dei bear market ha davvero riportato i prezzi sotto i livelli precedenti. Tradotto: se smetti di investire per paura di un crollo, anche con mille motivi apparentemente razionali, stai giocando alla roulette di Las Vegas… con l’80% di probabilità di avere torto.

In più, solo il 25% delle correzioni diventa un vero bear market. Vuol dire che, attendendo sempre “l’occasione giusta”, stai scommettendo di trovarla proprio in quell’unico caso su quattro… invece di cavalcare le tre volte su quattro in cui il mercato recupera.

Il paradosso è che non investire oggi non riduce il rischio, lo aumenta. Perché più rimandi, più crescono le probabilità di incontrare un bear market: entro un anno c’è il 31% di probabilità, entro 15 anni la probabilità diventa del 100%. Più aspetti, più ti avvicini a un ribasso.

Ecco perché il detto “il miglior momento per investire era ieri, e il secondo miglior giorno è oggi” non è un cliché. È statistica e probabilità. Gli investitori spesso non sono abituati a ragionare così, ma dovrebbero: è il linguaggio stesso dei mercati.

Qui entra in gioco il concetto dei “10-bagger”, reso celebre da Peter Lynch: titoli che moltiplicano di dieci volte il loro valore. Non serve indovinare tutto: basta intercettarne pochi, e il portafoglio può trasformarsi radicalmente, anche se altre posizioni rendono meno o finiscono in perdita.

Un esempio concreto? In questo gruppo abbiamo segnalato Robinhood 59 volte tra il 2024 e il 2025 (da 13 a 140 dollari) e Palantir 121 volte (da 18 a 185 dollari). Due casi che parlano da soli.

Eppure tanti non colgono queste opportunità perché restano legati al consenso, alle paure del momento, ai titoli dei giornali. La realtà è che i soldi si fanno nell’essere contrarian, non nel seguire la folla che consola la mente ma svuota i portafogli.

I mercati non cadono perché hanno fatto “troppo”. Cadono quando cadono. Nel frattempo, la forza tende a rafforzarsi e il caos non è la fine, ma l’inizio del ciclo successivo.

Il punto non è se ci sarà un bear market, ma come lo affronterai: con disciplina, restando esposto ai trend di lungo termine, o con paura, restando fermo e perdendo i rialzi che seguono sempre le correzioni.

La volatilità non è un nemico: è semplicemente il prezzo da pagare per accedere a rendimenti straordinari. Senza oscillazioni, non ci sarebbero opportunità. È nella capacità di attraversare le fasi di incertezza che si costruiscono i risultati.

Molti investitori restano immobili, paralizzati dalle paure: le oscillazioni di breve, le tensioni internazionali, le previsioni di crolli imminenti. Pensano che aspettare sia prudente, che “il momento giusto” debba ancora arrivare.

Ma la realtà è esattamente l’opposto: più aspetti, più perdi opportunità che non torneranno. Mentre rimandi, i mercati continuano a creare valore. E quando finalmente ti decidi a entrare, scopri che lo fai più in alto, dopo aver perso la parte migliore del trend.

Aspettare non riduce il rischio. Lo aumenta. Perché i mercati premiano chi accetta la volatilità come parte del gioco, non chi cerca invano un ingresso perfetto.

La verità è semplice: il tempo lavora a favore di chi investe nelle rivoluzioni, non di chi aspetta il presidente ‘giusto’, un mondo senza guerre o — peggio ancora — un mondo che non esiste più.

Per questo crediamo che i prossimi dieci anni, nelle giuste proporzioni, possano assomigliare agli ultimi sei mesi: un terreno fertile di opportunità, se si hanno gli strumenti giusti per leggerlo.

Per capire come trasformare questa visione in una strategia concreta e personalizzata per il tuo portafoglio, prenota oggi stesso un appuntamento con noi.

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Disclaimer: Il contenuto di questa newsletter ha scopo puramente informativo. L’autore e/o le entità associate potrebbero o potrebbero non detenere i titoli discussi in questo documento nei propri portafogli. Questa pubblicazione non costituisce consulenza finanziaria, né una raccomandazione all’acquisto o alla vendita di titoli, né un’offerta per sollecitare investimenti o raccogliere capitali. Tutte le decisioni di investimento devono essere prese sulla base delle proprie ricerche e previa consultazione con un consulente finanziario qualificato. Le performance passate non sono indicative di risultati futuri e il valore degli investimenti può variare.

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Nota: Il TPRI conduce ricerche e formula conclusioni operative per il proprio Portafoglio Tematico Tecnologico THÉMA . Le informazioni condivise con i lettori non garantiscono performance delle azioni né costituiscono consulenza finanziaria. È consigliabile consultare il proprio consulente finanziario prima di investire.Vi invitiamo a fare le vostre analisi prima di acquistare azioni delle società eventualmente citate nei nostri canali. 

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